La magia di Roberto Baggio continua ad incantare gli appassionati di calcio, anche a distanza di 20 anni dalla sua ultima partita. Un ritratto dell’indimenticabile Divin Codino che ha lasciato un vuoto nelle domeniche degli amanti del pallone.
I 20 anni senza Baggio: l’assenza del Divin Codino che ha cambiato le domeniche – Un’icona del calcio italiano.
La leggenda di Baggio: 20 anni senza il magico Divin Codino.
Da quando Baggio non gioca più, non è più domenica. Queste parole, cantate da Cesare Cremonini, risuonano ancora oggi nel cuore di molti. Era il 16 maggio 2004 quando Roberto Baggio giocò la sua ultima partita, mettendo fine a una carriera straordinaria che ha regalato al calcio italiano momenti di gioia e sofferenza, soprattutto a livello fisico.
Il numero 10, conosciuto come il Divin Codino, chiudeva così una parabola magica, caratterizzata da due menischi in meno, i legamenti di un ginocchio ricostruiti, tre operazioni e ben due anni senza giocare. Quel giorno, al San Siro, mentre il Milan festeggiava lo scudetto, si salutava anche un’icona del calcio italiano.
La commozione e la gratitudine si mescolavano nella mente di tutti i presenti. Era evidente che le magie di Baggio con il pallone ai piedi sarebbero rimaste uniche e irripetibili. Al minuto 39, Baggio uscì dal campo, in una passerella annunciata e strameritata.
Venti anni sono passati da quel giorno e Baggio è oggi un uomo felice, che dedica poco tempo al calcio per scelta. Si concentra, invece, sulle sue passioni e sulla sua famiglia. Michel Platini lo definì più che un 10, un nove e mezzo. Per molti, è stato un artista, il calciatore italiano più talentuoso di sempre, e non solo per il Pallone d’Oro vinto nel 1993.
Baggio è stato l’italiano più brasiliano che sia mai esistito, unendo l’Italia intera del tifo che ama la bellezza pura. Ha indossato le maglie contrapposte di Fiorentina, Juventus, Milan e Inter, e se i tifosi si sono divisi per lui, come nel 1990 per il passaggio dal viola al bianconero, è stato sempre unire e non dividere.
I gol a Italia ’90, le lacrime per il rigore sbagliato a Pasadena al Mondiale 1994, le magie in campo, gli infortuni e le rinascite, la conversione al buddhismo, l’addio totale al mondo del calcio e il suo vivace ritiro in Argentina, sono solo alcuni degli episodi che resteranno scolpiti nei ricordi di tutti.
Dal 10 tatuato nella memoria di tutti e su quasi ogni maglia delle squadre in cui ha giocato, al 18 della parentesi al Milan e in Nazionale ai Mondiali di Francia ’98, senza dimenticare il 15 indossato nelle Notti Magiche di Italia ’90 – i numeri sono un elemento centrale nella storia di Baggio. Ma i numeri di Baggio sono anche quelli legati alla sua carriera. Ha giocato 643 partite da professionista, dall’esordio con il Vicenza all’amata Fiorentina, passando per la controversa trasferimento alla Juventus, le stagioni a Milano tra il Milan e l’Inter, fino al periodo a Bologna che lo rigenerò e lo portò al Mondiale ’98. Infine, la scoperta di Brescia per il finale di carriera, segnato da magie fino all’ultimo, tranne per la delusione della mancata convocazione al Mondiale 2002.
291 gol segnati, assist impossibili da contare. Baggio è stato un giocatore geniale e un leader silenzioso, unico nel suo genere. La sua figura è diventata leggenda, poesia e musica. Ancora oggi, per molti appassionati, la domenica non è più la stessa da quando Baggio ha smesso di giocare, ma la sua eredità rimarrà per sempre nell’anima del calcio italiano.