A trent’anni dalla morte di Agostino Di Bartolomei, il capitano eterno della Roma rimane un simbolo del calcio romantico e coraggioso. La sua leadership silenziosa e grintosa ha lasciato un segno indelebile nella storia del club giallorosso.
Il cuore di Roma: il capitano immortale Agostino Di Bartolomei, simbolo di grinta e passione calcistica dopo trent’anni.
Trent’anni fa il calcio italiano ha perso un idolo immortale. Agostino Di Bartolomei, capitano della Roma, ha lasciato un vuoto nel cuore dei tifosi che ancora oggi sentono la sua mancanza. Conosciuto affettuosamente come Ago, Di Bartolomei fu un simbolo del calcio romantico, giocando con cuore, grinta e polmoni. Era un leader silenzioso ma coraggioso, capace di fare la differenza e lasciare un segno profondo nella storia del club.
Ricordiamo tutti la sua indimenticabile protagonista nella vittoria dello scudetto del 1983, un traguardo che la Roma non riusciva a conquistare da anni. Ma Di Bartolomei è stato anche protagonista di una drammatica finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool nel 1984, una partita che ha segnato profondamente la sua carriera. Dieci anni dopo quella tragica finale, il 30 maggio 1994, Ago si è suicidato, forse volendo simboleggiare la fine di tutto, dei sogni, delle speranze e persino della vita stessa.
La sua morte è stata un duro colpo per il popolo giallorosso, e ancora oggi viene ricordato con tristezza. Il tragico evento si è verificato a San Marco, una frazione di Castellabate, in provincia di Salerno, la città natale di sua moglie Marisa. Nonostante la sua talento e la sua abilità nel calcio, Ago è sempre rimasto un uomo umile, serio e rigoroso con sé stesso.
Nel quartiere di Tor Marancia, a sud di Roma, dove era nato, Di Bartolomei è ricordato come un ragazzo riservato ma dotato di intelligenza e sensibilità fuori dal comune. La sua straordinaria abilità nel calcio, in particolare nei tiri di punizione, gli ha garantito un posto nelle giovanili della Roma. Il suo debutto in prima squadra avvenne nella stagione 1972-1973, quando aveva appena diciotto anni, nella partita contro l’Inter a Milano, sotto la direzione tecnica di Manlio Scopigno.
Da quel momento, la sua ascesa è stata costante, fino a diventare un vero e proprio faro per la Roma di Nils Liedholm. Insieme hanno scritto la storia della stagione trionfale dello scudetto nel 1982-1983. Nonostante non fosse un personaggio mondano come Falcao o un eroe nazionale come Bruno Conti, Ago era il verbo per i tifosi della Sud. Ogni suo pensiero e ogni sua parola erano preziosi per loro.
Dopo la tragica partita dell’Olimpico contro il Liverpool, Di Bartolomei ha trovato poco spazio nella nuova Roma di Sven Goran Eriksson, che non lo considerava una figura fondamentale per la squadra. Così, si è trasferito al Milan, lasciando dietro di sé una tifoseria che si sentiva scippata del suo idolo. Una tifoseria che non ha mai dimenticato la grandezza di Ago, come dimostra uno striscione che recitava: Ti hanno tolto la Roma. Ma non la tua curva.
La finale persa di quel giorno fatidico non sarà mai dimenticata da Di Bartolomei. Da quel momento, qualcosa in lui si è spezzato. Nonostante tutto, durante la sua carriera ha dimostrato lealtà e correttezza in campo. Dopo tre stagioni al Milan, ha giocato per il Cesena e ha chiuso la sua carriera con la Salernitana, contribuendo al suo ritorno in Serie B dopo 23 anni.
Il 20 settembre 2012, il nome di Di Bartolomei è stato inserito nella Hall of Fame della Roma. È stata una giusta e importante forma di riconoscimento per il suo contributo al calcio italiano. Lui, Ago, l’immortale capitano, rimarrà per sempre nei cuori dei tifosi e nella memoria collettiva del calcio italiano.